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Pannocchie di mais Adama

Tutto ciò che devi sapere sulla Coltivazione del Mais

La guida completa di Adama
Pannocchie di mais Adama

In questa guida prenderemo in esame una delle colture più importanti per l’agricoltura italiana: il mais. 

  • Inizieremo spiegandone le caratteristiche, le origini e in che modo è arrivato nel nostro Paese
  • Ne racconteremo l’importanza per alcune delle più vocate filiere agroalimentari
  • Affronteremo quindi il tema delle avversità
  • Dapprima elencando le principali infestanti, di vecchia e nuova diffusione
  • Successivamente prendendo in considerazione i parassiti ipogei ed epigei
  • Infine analizzeremo le contromisure, iniziando da quelle di tipo meccanico
  • Per concentrarci poi sui prodotti per diserbo e contenimento dei parassiti proposti da Adama
  • E concluderemo il nostro viaggio con un accenno all’affascinante mondo dei biostimolanti

 

Il mais è, assieme al riso, il principale cereale a coltivazione primaverile ed estiva. È infatti un cereale macroterma, ossia necessita di temperature miti o elevate per germinare e crescere.

Il seme di mais non si apre a temperature inferiori ai 7 gradi centigradi; per questo se ne consiglia la semina con almeno 12 gradi stabili durante l’arco della giornata. Temperature inferiori ai 5°C possono infatti uccidere le plantule o comprometterne definitivamente lo sviluppo.

Sul fronte opposto, temperature diurne superiori ai 33 gradi provocano lo stress della pianta, soprattutto se si accompagnano a scarsa disponibilità idrica. Avendo origine tropicale, il mais necessita infatti di acqua abbondante con intervalli regolari.

È per questo motivo che la sua diffusione è limitata alle fasce che presentano clima moderato e piogge abbondanti durante il periodo estivo o, in alternativa, ai territori con ampia disponibilità di acqua per l’irrigazione. In Italia, queste aree coincidono essenzialmente con la Pianura Padana.

Nella parte più orientale di questa è stato possibile, fino a pochi anni fa, coltivare mais senza quasi ricorrere all’irrigazione, grazie a precipitazioni mediamente regolari anche nel periodo estivo.

Nelle aree centrali e occidentali della valle del Po è invece necessaria da sempre l’irrigazione artificiale per ottenere produzioni apprezzabili per quantità e qualità.

A causa della richiesta idrica e termica, la maidicoltura (coltivazione del mais) è pertanto limitata nelle aree collinari e ridotta nell’Italia Centrale, fin quasi a scomparire nella parte meridionale e insulare del Paese.

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Storia e diffusione

Il mais deriva da una pianta autoctona dell’America Centrale (Ranere e Piperno, Science, 2009), il teosinte (Zea mays ssp parviglumis). Secondo alcune ricerche (Yang et al, 2019), la sua domesticazione risalirebbe a 9.000 anni fa e sarebbe avvenuta nella valle centrale del fiume Balsas, in Messico, partendo da una particolare varietà di Teosinte diffuso in quella vallata.

Com’è noto, il mais sbarcò in Europa grazie ai primi viaggi verso il Nuovo Continente; forse già con il secondo viaggio di Colombo, che lo trovò sull’isola di Cuba. In Italia giunse probabilmente dai Balcani, dov’era coltivato grazie a un clima favorevole. Sarebbe legato a questa provenienza il nome di granturco, usato nel linguaggio comune per identificare il mais (ai tempi l’area balcanica era sotto dominio dell’impero Ottomano). Secondo una diversa interpretazione, il nome granturco è invece dovuto a un errore di traduzione della definizione inglese "wheat of turkey" (grano dei tacchini), ma c’è anche chi fa risalire l’appellativo alla provenienza della pianta (si sarebbe quindi impiegato l’aggettivo turco come sinonimo di esotico, lontano).

In ogni caso, il mais è presente nel nostro Paese fin dal Cinquecento, ma si diffuse soprattutto nei due secoli successivi, colonizzando dapprima l’area nord-orientale, per i motivi che abbiamo spiegato, e successivamente tutta la Pianura Padana. 

In Italia questa pianta ha trovato condizioni particolarmente favorevoli, tanto che siamo tra i primi quattro produttori a livello europeo insieme a Romania, Francia e Ungheria, ma con rese per ettaro nettamente superiori e seconde soltanto a quelle della Spagna.

I due terzi circa del mais italiano sono coltivati in quattro regioni: Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Altre regioni maidicole sono l’Emilia-Romagna, la Toscana e, molto parzialmente, Lazio, Campania e la Sardegna (per la zona di Arborea).

 

La base della zootecnia

Il mais è utilizzato in parte per l’alimentazione umana, sia in forma diretta (mais dolce), sia come farina, ma soprattutto è un ingrediente di diversi preparati compositi. La maggior quota di produzione è tuttavia impiegata per l’alimentazione animale, di cui costituisce un elemento irrinunciabile.

È infatti la base della razione alimentare nella zootecnia da latte (con esclusione dell’area del Parmigiano Reggiano e di alcune altre Dop) e in quella da carne. È utilizzato per l’alimentazione dei bovini sia in forma di farina sia di foraggio, solitamente insilato. Ha poi un ruolo di primo piano in suinicoltura – è somministrato agli animali come farina o pastone integrale – e in avicoltura (come farina).

Questo grazie ad alcune caratteristiche che lo rendono di difficile sostituzione: per esempio, l’alto contenuto di energia, sotto forma di amido, e l’elevata produzione per ettaro, che supera le 10 tonnellate di granella e le 60 tonnellate se utilizzato come foraggio (trinciato e insilato di mais). Per la sua eccezionale capacità di crescita è in grado di catturare un’elevata quantità di carbonio ed è uno dei cereali più produttivi in assoluto, con una resa quasi doppia rispetto al grano tenero.

Ciò significa che si ottengono le stesse quantità di granella con una superficie quasi dimezzata e questo aspetto ne mitiga in parte l’impatto ambientale, aggravato principalmente dalle elevate esigenze idriche.

 

Infestanti e parassiti

Per ottenere produzioni abbondanti e di buona qualità, chi coltiva il mais deve fare i conti con due principali problemi: le infestanti e i parassiti.

Le prime, soprattutto, sono particolarmente insidiose, in quanto la pianta del mais, per le sue caratteristiche, ha uno sviluppo rallentato nelle prime fasi, particolarmente in caso di temperature insolitamente basse o inferiori alla media. È in questo momento che le numerose infestanti - se ne contano fino a 130! - possono invadere le coltivazioni, sottraendo acqua e nutrienti.

Se non si riesce a controllarne lo sviluppo, creano seri problemi, in quanto diventano prevalenti rispetto alla pianta coltivata anche in fase di avanzato sviluppo e finiscono con il limitare la produzione di granella e inquinare eventuali trinciati o insilati.

Leggi anche: Piante infestanti del mais” e scopri come riconoscere e difendersi dalle infestanti più comuni e critiche per la coltura.

Particolarmente insidiosi anche alcuni parassiti, soprattutto perché infestano le coltivazioni durante tutto il ciclo di vita della pianta. Si va infatti dagli elateridi, che colpiscono le plantule provocandone la morte, alle nottue, lepidotteri che si cibano della pianta allo stadio di quarta o quinta foglia, fino alla diabrotica, che scava gallerie nelle radici causando la caduta delle piante (allettamento). Senza dimenticare, naturalmente, parassiti della parte aerea come la piralide, attiva soprattutto nel mese di luglio, e gli afidi, che oltre a sottrarre nutrienti alla pianta possono trasmettere virus quali mosaico e nanismo del mais.

Leggi anche:Quando e come controllare gli insetti del terreno che colpiscono il mais

Vediamo allora, più nel dettaglio, i principali nemici dei maidicoltori.

 

Infestanti a foglia larga e stretta

Torniamo alle infestanti, che sono la principale causa di cali produttivi per il mais, se si escludono le variabili climatiche. Questo perché, come abbiamo già ricordato, la pianta di mais ha uno sviluppo rallentato nelle prime fasi, mentre a circa due mesi dalla semina inizia un rapido accrescimento, che la porta a superare in altezza la maggior parte delle infestanti, risultando vincente su di esse nella competizione per la luce solare.

La pratica della semina precoce, in via di diffusione per contrastare i problemi dovuti alla siccità e ai colpi di calore estivi, accentua il problema delle malerbe, in quanto queste ultime non sono ostacolate, come il mais, dalle temperature ridotte tipiche delle prime settimane di primavera. È così possibile che lo sviluppo risulti compromesso da stress e competizione nelle prime 6-8 settimane vegetative, con forti ripercussioni sulle rese finali.

Da non dimenticare, infine, che nelle aree vocate il mais è seminato praticamente in monocoltura, con rotazioni scarse o nulle e questo favorisce sia la diffusione di infestanti sia, come vedremo successivamente, quella di alcuni parassiti.

Per contrastare tutto ciò occorre lavorare sia sul momento della semina, sia su un’adeguata rotazione, ma queste pratiche non sarebbero sufficienti senza un piano di controllo che preveda anche il ricorso alla chimica. Vedremo successivamente quali prodotti sono più indicati per il controllo delle infestanti su mais. Prima, concentriamoci proprio su di esse.

In linea di massima, le essenze indesiderate che colonizzano i campi di mais sono sia monocotiledoni sia dicotiledoni. Nel complesso, il loro numero supera il centinaio, come abbiamo già riportato, ma quelle presenti con più frequenza, nonché più invasive, sono una quindicina. Sono, potremmo dire, le nemiche giurate del mais, sia per il loro sviluppo precoce, sia per le dimensioni che possono raggiungere sia, infine, perché in qualche caso hanno un portamento rampicante, che tende a soffocare la pianta, oppure contengono sostanze tossiche per gli animali (è il caso dello stramonio o Datura stramonium) e potrebbero quindi inquinare la produzione (tipicamente nel caso di mais da insilare).

Tra i più nocivi monocotiledoni che infestano i campi di mais ricordiamo il Cyperus esculentes o Cipollino, il Giavone (Echinochloa crus-galli) e la Sorghetta o Sorghum halepense. Il primo, in particolare, si è originato nelle aree risicole diffondendosi poi al mais, mentre Giavone e Sorghetta rappresentano due infestanti storiche, sempre pericolose. Seguendo questo link potete trovare un approfondito esame delle loro caratteristiche principali.

Passiamo ora alle malerbe dicotiledoni, ovvero quelle che contengono due foglioline all’interno del seme. Ricordiamo in primo luogo il Cencio molle o Abutilon theophrasti, a seguire il Solanum nigrum o Erba morella, lo Xanthium strumarium o Nappola e infine Amaranto (Amaranthus retroflexus), Convolvolo e Correggiola.

Da notare, anche, alcune malerbe di nuova diffusione, quali Helianthus tuberosus o Topinambur, Sicyos angulatus o Zucca matta e Acalypha virginica o Acalifa.

Anche nel caso delle infestanti a foglia larga è possibile consultare un approfondito testo: lo trovate qui.

 

Parassiti ipogei ed epigei

Lo abbiamo accennato poco sopra e lo ripetiamo: i parassiti che vivono alle spalle del mais, provocando in alcuni casi danni ingenti, appartengono a due categorie: quelli che vivono sotto la crosta del terreno (ipogei) e attaccano quindi principalmente le radici, e quelli che invece si muovono sulla superficie, aggredendo lo stelo, le foglie o la pannocchia. 

Leggi anche l'approfondimento: Piralide, Diabrotica, Nottue e Afidi del mais: perché e quando devi temerli

Tra i principali parassiti che aggrediscono la parte ipogea della pianta troviamo gli elateridi o ferretti, insetti polifagi appartenenti a diverse specie. Completano il loro sviluppo durante più anni, salendo negli strati superficiali del terreno in primavera e autunno e scendendo in quelli profondi in estate e inverno. Gli elateridi attaccano i semi in fase di germinazione e successivamente la parte interrata del culmo, portando alla morte della pianta stessa. In campo si vedranno così diversi buchi sulla fila (fallanze) e piante che improvvisamente appassiscono. 

Le nottue terricole (due le specie presenti in Italia, Agrotis segetum o Nottua delle messi e Agrotis ipsilon o Nottua dei seminati) causano danni principalmente attaccando la zona del colletto, atto che provoca la morte della pianta. La loro pericolosità ai fini della produzione di mais è comunque inferiore rispetto a elateridi e diabrotica.

Quest’ultima è una specie aliena, ovvero importata da altri continenti. Comparve circa 30 anni fa in Serbia, dove arrivò probabilmente con un volo aereo. Successivamente si diffuse in altri paesi europei e, dalla fine degli anni Novanta, anche in Italia, a partire dal Veneto. La diabrotica provoca danni sia quando si trova in stadio larvale, nutrendosi delle radichette e scavando gallerie nelle radici di maggiori dimensioni, sia da adulta, quando attacca foglie e stimmi (sete), causando così una ridotta fecondazione. 

Impossibile, infine, non citare la piralide, un lepidottero originario del continente europeo, da cui si è successivamente diffuso anche negli Stati Uniti.

Si tratta di un fitofago che sverna come larva all’interno dei resti degli stocchi rimasti in campo e diventa pericoloso quando il mais raggiunge la settima-nona foglia. 

La Piralide compie generalmente due generazioni, ma i danni maggiori sono prodotti dalle larve di seconda generazione, che attaccano la coltura da luglio in poi, quando cioè la pianta ha ormai raggiunto la massima altezza e avviato la formazione della spiga e il riempimento delle cariossidi. Dal momento che crea gallerie nello stocco erodendo anche le cariossidi, la piralide è pericolosa anche perché apre vie di accesso per le temute micotossine – ricordiamo le aflatossine in particolare – favorendo la contaminazione della granella da parte di queste sostanze, con conseguente rischio di respingimento del raccolto da parte degli essiccatori. 

Leggi anche: “Quando e come controllare gli insetti del terreno che colpiscono il mais

 

Le contromisure

Vista la pericolosità di certi parassiti e infestanti, per ottenere un buon raccolto è indispensabile introdurre tutte le contromisure possibili, per controllare, se non è possibile eliminare, le principali avversità del mais. In questo campo, la chimica rappresenta un grande alleato, dal momento che offre diversi prodotti, con azione ed efficacia specifica per ogni livello di infestazione e ogni tipo di infestante o parassita. Non è, tuttavia, la sola risposta possibile e un buon agricoltore dovrebbe essere in grado di utilizzare tutti i mezzi che la moderna tecnologia mette a sua disposizione, anche per ridurre il rischio di resistenze ai principi attivi impiegati negli agrofarmaci.

Lo strumento più tradizionale per contrastare le infestanti è il cosiddetto diserbo meccanico, ovvero la rimozione meccanica delle infestanti che spuntano tra le piante di mais. Questa operazione avviene, manualmente, da secoli, ma da pochi decenni ha a disposizione molti più strumenti, grazie al miglioramento delle tecniche e al progresso tecnologico, che ci ha condotti alla recente digitalizzazione delle macchine agricole. 

Nel campo delle attrezzature tradizionali ricordiamo, per esempio, i vari erpici strigliatori, progettati per l’agricoltura biologica ma ultimamente utilizzanti anche nella maiscoltura convenzionale, oppure i sistemi di sarchiatura, resi oggi più efficienti dal controllo ottico. L’impiego di videocamere e algoritmi di intelligenza artificiale consente infatti di regolare gli organi della sarchiatrice in modo da rimuovere le infestanti, anche tra le piante di mais, evitando danni a queste ultime. 

Sul fronte della tecnica di coltivazione, invece, ricordiamo una pratica importata dalla risicoltura, ovvero la falsa semina. Consiste nel preparare il terreno come per una normale semina, lasciando però il tempo alle infestanti di germinare e distruggendole poi con un’ulteriore lavorazione. Si procede quindi alla semina vera e propria, avendo a questo punto ridotto il potenziale di sviluppo delle malerbe. 

 

Adama per il contenimento delle infestanti

Gli interventi meccanici non sono però sufficienti a controllare le infestanti, soprattutto in anni di forte pressione, ovvero quando le condizioni ambientali sono favorevoli allo sviluppo delle malerbe. La lotta chimica diventa allora un prezioso alleato. 

Tra le due soluzioni possibili, il diserbo in pre-emergenza è quella più diffusa, sia perché economicamente vantaggiosa e spesso risolutiva, sia per la maggior flessibilità di trattamento e la possibilità di intervenire successivamente, se necessario, con il post-emergenza. Quest’ultimo è anche penalizzato da problemi di resistenza ai principi attivi ammessi, fenomeno meno diffuso per gli agrofarmaci di pre-emergenza. 

I principali prodotti Adama per il pre-emergenza o il post-emergenza precoce (con pianta allo stadio di 1-2 foglie) sono Activus MEAntigram GoldSulcotrek. Il primo è attivo su Graminacee e dicotiledoni, mentre Sulcotrek è efficace contro le più comuni dicotiledoni, incluse le composite, e può essere applicato in post-emergenza fino allo stadio di sesta foglia, con infestanti fino alla quarta foglia. Antigram Gold è invece un ottimo graminicida, sia in pre, sia in post-emergenza (fino alla quarta foglia, con infestanti non ancora nate). 

Specifici per post-emergenza, infine, Pyxides DuoNicogan V. O.entrambi efficaci sia su graminacee, sia sulle dicotiledoni. Si caratterizzano per flessibilità d’impiego e azione su un ampio spettro di infestanti, oltre che per la possibilità di applicazione su mais anche all’ottava foglia. 

 

Adama e il controllo dei parassiti del mais

Assai interessanti anche gli strumenti che Adama offre per la lotta ai parassiti del mais. Citiamo, per iniziare, Schermo 0.5 G, specifico per insetti terricoli (Elateridi, Diabrotica, Hylemya sp, Scutigerella immaculata, Tipule). È un prodotto a base di Teflutrin puro (0,5 g) da usare in pre-emergenza e post-emergenza precoce, autorizzato anche per mais dolce. 

Formulato in modo da assicurare stabilità e resistenza a contatto con il terreno, agisce per ingestione e contatto, diffondendosi, grazie alla mobilità in fase di vapore, alle porzioni di terreno limitrofe ai granuli. 

Efficace contro Piralide, diabrotica e lepidotteri, oltre che su Nottue allo scoperto, Lamdex Extra è infine il tipico insetticida per la protezione del mais, costituito da Lamnda-cialotrina (2,5 g/kg) e utilizzabile dallo stadio di seconda e fino all’ottava foglia. Agisce per inibizione del sistema nervoso, al pari di Schermo 0.5 G.

 

Biostimolanti, una nuova prospettiva

Da qualche anno una nuova categoria di prodotti si sta facendo strada, a fianco dei tradizionali fertilizzanti. Sono i biostimolanti: un nome che suona un po’ esoterico e richiama alla mente le foreste di Pandora, il pianeta interconnesso del film Avatar.

Alla base di queste nuove linee di prodotti c’è però una ricerca accurata e rigorosamente scientifica, che ha permesso di scoprire gli effetti benefici di alcuni macroelementi estratti dalle piante. 

I biostimolanti, tecnicamente, assomigliano a un concime, pur senza esserlo nel vero senso della parola. Hanno piuttosto un’azione di rinforzo della pianta: la aiutano a riprendersi dopo uno stress (freddo, siccità prolungata, caldo estremo) ma anche a difendersi da alcune patologie fungine o a resistere meglio a un trattamento fitosanitario. Alcuni biostimolanti, infine, favoriscono l’azione degli agrofarmaci, rendendoli più efficaci. 

È proprio scorrendo questa lunga lista di benefici che Adama ha pensato di formulare un nuovo preparato per le colture annuali, tra cui il mais. Si tratta di Budge ed è, tecnicamente, un idrolizzato proteico ottenuto da fermentazione di tessuti vegetali. 

La sua forza è tuttavia nel contenuto di aminoacidi come Lisina, acido glutammico e aspartico, Glicina e Prolina. Queste sostanze agiscono sia sulla fotosintesi, sia sugli agenti di stress, favorendo il metabolismo della pianta e l’osmoregolazione (regolazione della pressione osmotica, essenziale per mantenere la vitalità delle cellule). 

Infine, Budge contiene anche un attivatore ottenuto da estratti umici che migliora le funzioni vegetative e la fotosintesi. Grazie a queste proprietà, Budge migliora lo stato fisiologico della pianta e l’assimilazione dei micro e macro-elementi. È inoltre il partner ideale in abbinamento a trattamenti insetticidi per il contenimento della piralide diabrotica.